La neuropsicomotricità è una branca della medicina che si occupa della prevenzione, della terapia e della riabilitazione delle malattie neuropsichiatriche infantili e opera nelle aree della neuro e psicomotricità, della neuropsicologia e psicopatologia dello sviluppo.
Ha come obiettivo il miglioramento dell’organizzazione dell’attività motoria generale (il tono muscolare, l’equilibrio, la coordinazione dei movimenti), della componente cognitiva (prassi e programmazione intenzionale di una sequenza motoria per uno scopo, ad esempio confezionare un pacco) e della componente emotiva che si manifesta nell’espressione corporea della persona, nel proprio vissuto corporeo che si esterna nel linguaggio non verbale.
La psicomotricità è una disciplina, che ha avuto origine in Francia da Bernard Aucouturier e André Lapierre, e si è sviluppata in Italia alla fine degli anni ’60.
Con il termine “Psicomotricità” si intende un insieme di pratiche che utilizzano come principale strumento il gioco ed il movimento per accompagnare, e se necessario aiutare, i processi di sviluppo dell’infanzia, sostenendo il bambino nella sperimentazione concreta delle azioni, del loro risultato, della relazione con l’altro e delle differenti modalità comunicative.
Secondo il metodo di Bernard Aucouturier, la psicomotricità si basa sulla considerazione della persona in modo «globale», sul presupposto che il bambino sia un’unità di mente e corpo e che una crescita armonica avvenga solo tramite l’integrazione e l’armonizzazione delle diverse competenze come la motricità, l’affettività, la sensorialità e lo sviluppo intellettivo.
“Il pensiero è azione e l’azione è pensiero”: con questo commento Henri Wallon sottolinea l’importanza del legame presente tra corpo e mente.
L’azione è pensiero perché il bambino, agendo con gli oggetti, esplorando lo spazio e scoprendo il suo corpo, accede alla capacità di rappresentazione di sé e degli altri, e quindi al pensiero.
Ciò rappresenta un sistema di controllo e feedback utili per il raggiungimento di una relativa stabilità interna, allineando la comunicazione tra attività motorie e processi cerebrali.
Il ruolo del neuropsicomotricista
J.L.Empinet definisce tre tipi di funzioni che lo psicomotricista deve avere nella relazione terapeutica con il bambino:
- Partner Simbolico
- Ascolto del bambino tramite l’empatia tonica
- Simbolo di legge rassicurante
Partner simbolico: quando il terapista si inscrive nell’attività ludica del bambino, non lo fa come compagno di gioco ma, conoscendo le difficoltà del piccolo, si pone come partner simbolico nel suo gioco. Vayer raccomanda il ruolo di mediatore tra il bambino e il mondo circostante.
Ascolto del bambino tramite l’empatia tonica: è necessario che l’operatore abbia la capacità di porre un ostacolo vigile capace di cogliere ogni minima variazione tonica da parte del bambino e su di essa costruire la giusta risposta o non risposta.
Simbolo di legge rassicurante: il terapista deve lasciare il bambino libero di esprimersi e di sperimentare, ma poiché questo accada è necessario che il bambino percepisca una area di sicurezza nella quale poter agire liberamente.
Il terapista è simbolo di legge e di sicurezza poiché all’interno della stanza di terapia rappresenta l’ordine al quale il bambino può adattarsi con fiducia.